venerdì 2 luglio 2010

Un tragico fatto di cronaca

In questi due articoli pubblicati su Corriere della Sera e Repubblica (l'edizione locale di Bologna) viene riportato il tragico epilogo di un incidente che ha visto coinvolto un ragazzo di soli 13 anni.
E' morto a causa di una caduta.

Non mi interessa conoscere la dinamica esatta dell'incidente, sapere se stava facendo Parkour o se è inciampato per errore come viene descritto negli articoli; quello a cui tengo particolarmente è ricordare una volta di più come sia necessario sempre mantenere la massima attenzione e prudenza.

Il parkour è uno sport pericoloso nella misura in cui chi pratica o fa azzardi puri (tentando gesti non acquisiti come bagaglio tecnico) o fa superficialmente ciò che invece richiede concentrazione e attenzione. Non è necessario fare salti grossi per rischiare, basta anche molto meno. Il parkour si fa in strada, in giro, dove non ci sono protezioni e dove tutto è costruito per scopi assolutamente differenti dall'attività fisica.

Fare parkour non è saltare, non è fare saut de chat, non è fare precision, tic tac o altro. E' imparare a fare questi movimenti, imparare attraverso impegno e responsabilità. E ognuno di noi che pratica, a qualunque livello, dovrebbe trasmettere non tanto il senso del risultato ma il senso del percorso per arrivare al risultato.

Il fascino del rischio, dell'azzardo, del pericolo che ti accende l'adrenalina è molto alto, non sono certo qua a negarlo, ma il prezzo da pagare nel caso qualcosa vada storto, è parecchio più alto ed è capace di cancellare in un attimo tutto quello conquistato a suon di scorciatoie senza la necessaria preparazione. Fisica e - soprattutto - mentale.

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